
Le fonti storiche dicono…
L’area a parco compresa tra via Lucchi e via Silva presenta tutto intorno un’urbanizzazione recente. Il confronto con la mappa del catasto cessato di inizio Ottocento evidenzia di come, quasi duecento anni fa, l’area fosse quasi del tutto priva di fabbricati. Via Silva era l’unica arteria stradale della zona rappresentata in catasto che permetteva, tramite l’uscita dal paese, il collegamento con l’attuale statale 62 della Cisa. A nord di questa strada, che aveva l’andamento pressoché identico all’attuale, vi era a lato del primo tratto rettilineo dove ora si trova la casa della salute un possedimento chiamato “La Tognina”, con una piccola “cassina” di limitate dimensioni e di proprietà di Giovanni Beloli e nipoti all’epoca della stesura del catasto.

Proprio di fronte a questa casa e a lato della strada si estendevano dei prati e terreni arati, mentre sul limitare del paese, grossomodo all’imbocco di Via Marconi si estendeva un piccolo appezzamento ad orto.
Alle spalle della casa “La Tognina” si aprivano invece appezzamenti di terreno verosimilmente adatti al pascolo o al taglio del fieno, indicati nei registri del catasto come “colto-nudo”. Simili qualità del terreno caratterizzavano inoltre anche i terreni a sud di Via Silva, proprio laddove ora è possibile vedere la piantumazione ad alberi. I proprietari di questi altri appezzamenti erano, all’epoca del catasto, sempre i Beloli cui si aggiungevano alcuni appezzamenti di proprietà delle famiglie Caprara, Malpelli e Becchetti.
Il rettifilo di Via Silvia, in prossimità dell’attuale numero civico 15, terminava inoltre con una piccola cappelletta dedicata alla Santa Croce e di proprietà del comune di Berceto all’epoca del catasto cessato. Questo piccolo monumento era stato eretto poco fuori dal paese, a scenografica conclusione del largo rettifilo in leggera salita di via Silva, appena prima di incontrare il primo tornante verso destra e verosimilmente costruito con la facciata rivolta verso il paese. Nella mappa, infatti, è rappresentato graficamente l’andamento curvilineo di quella che doveva essere una piccola absidiola rivolta, forse non casualmente, verso il sorgere del sole a est. In questo modo, chi usciva dal paese per dirigersi e salire verso l’attuale statale si sarebbe subito trovato in mezzo ad ampi spazi aperti e prativi, per poi lasciarsi sulla sinistra l’unica casina esistente, la Tognina, avendo sempre di fronte al proprio cannocchiale prospettico la cappellina dedicata alla santa Croce, ultima costruzione prima di abbandonare Berceto.
E’ interessante notare di come l’intitolazione della cappellina isolata nei prati sia legata al culto della Santa Croce, probabilmente indizio di una ben radicata cultura agreste che prevedeva secondo le più antiche tradizioni contadine particolari festività e riti propiziatori da svolgersi durante la festività connessa alla croce di Cristo, in relazione alla fertilità dei campi e al risveglio della primavera (le cosi dette rogazioni).
Via Silvia, almeno nel suo primo e più largo tratto, dovette perciò essere stata in passato uno spazio fisico particolarmente frequentato, grazie al suo ruolo strategico di congiuntura tra ambiente urbano e contado. Forse il fatto che proprio questo primo tratto stradale fosse più ampio ne sottolinea il suo largo utilizzo. Alcuni documenti e immagini storiche ricordano ad esempio la sosta in loco dopo un lungo viaggio di Luisa Maria di Francia, madre illustre dell’ultimo duca di Parma Roberto I di Borbone.
Le interviste alle persone del paese
Intervistando il Sindaco Luigi Lucchi e la signora Maria Rosa Gabelli scopriamo che i giardinetti rappresentavano la parte finale del paese, infatti da qui iniziavano i campi (dove ora c’è via Monsignor Lucchi).
Una volta tra i bercetesi vi erano molti contadini o commercianti e la compravendita di animali era importante per tutti. Si vendevano soprattutto le vacche e le pecore e il mercato del bestiame si teneva proprio in questo luogo tutti i giovedì. Poi, agli inizi del secolo scorso il mercato l’hanno spostato dove ora c’è il campo da bocce e intorno al 1950, qui sopra alla piazza detta “della marina” c’erano già i giardinetti.
Era un giardino con una fontana rotonda al centro con i pesci rossi e aiuole disposte intorno a raggiera. Dopo alcuni anni ci hanno messo dei massi di ofioliti, ma erano troppo appuntiti e pericolosi, molti genitori si sono lamentati per la pericolosità e allora li hanno tolti. C’era anche una lapide piramidale dedicata ai caduti della prima guerra, ma è stata tolta perché era di ferro arrugginito.

Maria Rosa ci fa notare che i gradoni che ci sono ora, se si guarda bene, simulano una cascata ma sono soprattutto scomodi.
Scopriamo che l’edificio sopra i giardinetti, dove adesso c’è la Croce Rossa, era chiamata “la casa della mula”: era una casetta di pietra dove stava una mula bianca che trainava il carretto con cui lo spazzino raccoglieva l’immondizia! Ebbene sì, un solo carretto una volta bastava per tutta l’immondizia del paese, anche se la popolazione era più numerosa di oggi, questo anche perché la plastica non c’era e l’umido veniva dato alle galline.

Come abbiamo detto, questa zona è ancora chiamata “la marina” perché qui c’era molta acqua. Sotto di noi ci sono ben 13 metri di galleria dove scorre acqua sorgiva che è stata dirottata verso la fontana del paese.
Ecco i giochi che facevano i bambini di una volta nei giardinetti: mosca cieca, nascondino, tamburelli con le palline, il telefono senza fili, 1-2-3 stella, sassolini… Visto che “sassolini” non lo conosciamo Maria Rosa ce lo ha insegnato.
A nascondino era bello giocarci in autunno perché ci si nascondeva tra gli alberi, mentre d’estate si prendevano le lucciole e le si raccoglieva nei bicchieri … non c’erano i lampioni e quindi ce n’erano molte più di adesso!
Le giostre che ci sono adesso le ha messe l’amministrazione Biliardi circa 15, 20 anni fa. Prima del 1900 questo terreno era della famiglia Cardinali, che l’ha lasciato al comune con la promessa di lasciarci gli alberi.
Negli anni Ottanta il parco è stato dedicato a Tatanka Yotaka, capo Sioux, perché il nostro sindaco Luigi Lucchi quando era bambino aveva letto un messaggio di Toro Seduto al Parlamento del Canada, e da allora ha sempre sognato di conoscere gli indiani d’America. Quando nel 1985 è diventato assessore si è impegnato per farli venire a Berceto e ci è riuscito l’11 settembre 1988.

I nostri ricordi legati al luogo

Mi ricordo quando io e mio cugino avevamo giocato nei giardinetti, prima del covid perché da allora non ci siamo ancora visti perché lui abita a Mantova. Si sentiva il canto degli uccelli e l’odore dei fiori. Spero ci ritorneremo.

Io e i miei amici quando usciamo al pomeriggio facciamo merenda in questo parco giochi e ci divertiamo, parliamo e scherziamo insieme.

Il mio ricordo legato a questo posto (i giardinetti) è quando io e mio papà andavamo sempre dalle altalene e lui mi spingeva. Mi divertivo molto. Mi ricordo l’odore dell’erba che sapeva di nuovo, il vento che fa volare via le foglie e il rumore dell’acqua della fontana che cade, goccia dopo goccia.

Qui siamo io e mio padre mentre pattiniamo ai giardinetti. Era autunno, aveva appena piovuto e c’era l’odore delle foglie bagnate. Era molto ventoso e si sentivano i pattini strusciare contro il pavimento bagnato.